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Quando il cibo rende felici

felicità a tavola

Quando il cibo rende felici

Come salvaguardare la propria felicità a tavola? E’ la settimana delle inesorabili tavolate di famiglia, insopportabili per alcuni, irrinunciabili per altri, inevitabili per tutti. O quasi. C’è anche chi il Natale lo festeggia da solo, perchè non ha la fortuna di poter condividere le feste con la famiglia o perchè, semplicemente, è lontano da casa.

Ma quanto influisce la compagnia a tavola sul nostro umore? E quanto ciò che mangiamo ha a che fare con la nostra felicità? A quanto pare parecchio.

Mangiate da soli? Attenzione potreste essere infelici!

Chi mangia da sè…

Per alcuni una cena da soli davanti a una serie TV è ormai diventato un must, eppure le ricerche scientifiche sempre più frequentemente hanno rilevato corrispondenze tra queste abitudini e l’insorgenza di stati psicofisici anomali come depressione, obesità, diabete, pressione alta e problemi cardiovascolari. Un’analisi della Oxford Economics su un campione di 8.000 persone citata dal Guardian sembra decretare che pranzare o cenare da soli sia addirittura il più alto indicatore di infelicità in assoluto, fatta eccezione per le malattie mentali.

Paroloni, si sa. Gli studi statistici hanno sempre una validità indicativa e non potranno mai rispecchiare appieno la complessità della realtà, nè tenere conto delle diversità etniche, dei gusti, della cultura e di tutto ciò che influisce sulle scelte e sulla psicologia di un individuo.

Mangiare da soli per altro in molti casi non è nemmeno una scelta, ma una condizione in cui ci si ritrova, volenti o nolenti. E il problema sembra proprio essere quello, il fatto di averlo scelto o meno: Pare infatti che sentirsi soli al momento del pasto induca inconsciamente alla scelta di alimenti più calorici e “consolatori”. In altre parole una cena  volutamente organizzata e goduta in solitaria è ben altra cosa rispetto al ritrovarsi a malincuore da soli a tavola.

… e chi aggiunge un posto a tavola

Viceversa ovviamente sembrerebbe che il fatto di poter mangiare in compagnia renda più soddisfatti della propria vita e conceda migliori probabilità di stare bene con se stessi. Perchè? non è dato saperlo.

Robin Dunbar, docente di antropologia e psicologia all’università di Oxford, che ha condotto uno studio in materia, afferma candidamente che “semplicemente non sappiamo perché le persone che mangiano insieme siano più felici

E’ però dimostrato che la presenza dei commensali ad un pasto favorisca il rilascio di endorfine da parte del cervello regalando piacevoli sensazioni di benessere. Insomma non si sa perchè, ma è palese che faccia bene.

D’altra parte non è una scoperta recente. Che l’uomo sia un animale sociale, che si esprime, si realizza e trova la sua felicità solo all’interno di un sistema che preveda il contatto con altri individui della sua specie,  lo aveva già detto Aristotele, nella Grecia del IV secolo a.C.

Chi è incapace di vivere in società, o non ne ha bisogno perché è sufficiente a se stesso, deve essere una bestia o un dio. - Aristotele

Esagerare è più facile

Attenzione però (Vi sembrava troppo facile eh?).  Anche chi mangia in compagnia deve stare in guardia. Molti dei “pericoli” relativi all’alimentazione e alla sua influenza sul nostro umore deriverebbero proprio dal clima eccessivamente permissivo che tende a crearsi nell’ambito di una bella tavolata fra amici. Quali?

Le porzioni

le prozioni innanzitutto: le tavolate tendono ad essere più generose del lecito e mangiare con gli occhi non è affatto un modo dire. Pare infatti che incosciamente siamo portati a mangiare tutto ciò che troviamo nel piatto, come se la considerassimo, senza alcun calcolo concreto, “la dose giusta”.

La varietà

la sazietà a quanto pare è selettiva. Quando tendiamo a mangiare una certa quantità di un alimento subentra un senso di appagamento che gli esperti definiscono sazietà sensoriale specifica. Ma cosa accade se a tavola ci sono tante altre portate diverse, come nel classico pranzo di Natale? Si, esattamente quello che state pensando. Saltando da un sapore all’altro, ci spingeremo molto oltre il confine auspicabile.

Le distrazioni

Un pasto condiviso è sinonimo di convivialità, di buonumore e di eccessi. Spesso si tende a mangiare più del dovuto trascinati dal clima, dall’emulazione e dalla distrazione dovuta ai discorsi e al clima sereno. Letteralmente si perde contezza di quanto si mangia e si tende a ritrovarsi satolli a fine pasto.

L’alcool

Anche il bere, inevitabile in certe occasioni e incentivato dalla compagnia,  influisce non poco sul nostro equilibrio alimentare. Un buon vino o una birra tendono ad allentare la presa dell’autocontrollo, ci fanno sembrare i cibi più gustosi e ci rendono più difficile accorgerci di quando siamo sazi.

il segreto della felicità a tavola

In conclusione quando il cibo puo’ renderci felici? Statisticamente è palese: Quando lo condividiamo piacevolmente con dei commensali, rimanendo però vigili sugli avvisi provenienti dal nostro autocontrollo. La felicità, dunque, anche a tavola si nasconde in una difficile alchimia di equilibri fra il saper stare nel mondo degli altri e il tener fede a ciò che dagli altri ci distingue, caratterizzandoci personalmente.

Tutto un altro capitolo, da trattare a parte, riguarderebbe a nostro avviso la delicata relazione tra la qualità del cibo e la nostra felicità e nello specifico anche la deontologia della degustazione, il modo e gli accostamenti corretti per gustarsi al meglio le prelibatezze del mondo culinario. Ma questa è davvero tutta un’altra storia. Per adesso solo una raccomandazione per le feste: non fatemi il tunnel nel Mont Blanc, per favore!

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